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Rosa Scilipoti

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Un passo oltre

Spazi Abili · 18 Dicembre 2018

Avete mai provato ad entrare in un ascensore con una sedia a rotelle polifunzionale? È paragonabile a muoversi con un furgone dentro le stradine di un vecchio borgo. Magari ci passi, però devi fare attenzione, occupi un sacco di spazio, dove le altre macchine si muovono con attenzione tu devi spostarti al millimetro. Avresti potuto scegliere altre vie? No. Tu con quel furgone ci lavori, e devi raggiungere i tuoi clienti.

Osservare gli spazi e il loro uso

Ma facciamo un passo indietro. Quanti di voi sanno cos’è una sedia polifunzionale? Perché altrimenti non ci capiamo sulle difficoltà. Un esempio lo trovate qui : si tratta di una sedia a rotelle dedicata a chi ha particolari necessità di confort, per evitare posture sbagliate, piaghe da decubito ed ha la possibilità di essere regolata sia come inclinazione che come schienale. Ok, non è la poltrona di arredo. Ma , insomma: esistono. E sono indispensabili per molte persone.

Vi posso dire in prima persona che una sedia così occupa buona parte un ascensore di grandi dimensioni ( circa 6-8 persone) quindi l’impresa di salire anche solo di un piano richiede:

  • attendere che l’ascensore arrivi
  • sperare che sia vuoto
  • impedire ad altre persone con carrozzina di poterlo prendere

Stiamo parlando di persone con richiesta di assistenza molto alta, quindi spesso ospitate in strutture adatte ( per esempio le RSA).

Possiamo immaginare che la previsione dispazi gestita per queste strutture sia stata pensata a priori per queste necessità.

Si trovano invece tranquillamente situazioni in cui per esempio esiste un solo ascensore grande per una struttura di tre piani, dove alloggiano tante persone che fanno utilizzo di questo tipo di sedie. E dove, nel momento di spostare le persone da un piano all’altro, i tempi diventano lunghi e scomodi, anche per chi lavora all’assistenza.

Oltre la normativa

Perché un solo ascensore? Bella domanda. Eppure si tratta di strutture progettate fin dall’inizio con la precisa esigenza di diventare assistenziali. Quindi con delle indicazioni progettuali da seguire.

Ma forse è proprio qui che nasce l’equivoco. Come suggerisce un bel manuale pubblicato da La Lega del Filo d’oro, la normativa rappresenta solo l’inizio del percorso di progettazione, non il risultato finale. In questo tipo di progettazione più che mai è necessario approcciarsi con l’intenzione di realizzare un’architettura “pensata”.

Risolvere in modo esclusivamente normativo le richieste che la progettazione di questi ambienti richiede, può significare ottenere un risultato finale che neanche soddisfa veramente quelle caratteristiche di comfort e funzionalità che si rendono tanto necessarie in situazioni di questo tipo.

Sono sempre più diffusi impegno e sensibilità verso soluzioni assistenziali che rispettano le richieste pratiche ma si aprono verso la ricerca del comfort emotivo delle persone che sono assistite.

Ma anche nelle situazioni progettuali meno complesse, mantenere un approccio di architettura “pensata” permette di regalare spazi gradevoli e comodi.

Questo può essere fatto in diversi modi. Con dettagli poco invasivi o con strumenti pratici.

Per esempio:

  • utilizzare dettagli architettonici con colori a contrasto per indicare e abbellire alcuni percorsi ( un esempio i mancorrenti dei corridoi)
  • utilizzare pavimentazioni con pattern che dividono o differenziano gli ambienti in maniera coerente ed allo stesso tempo esteticamente gradevole
  • favorire l’ingresso ( schermato) della luce naturale
  • posizionare gli ambienti di soggiorno diurno con esposizioni favorevoli alla luce naturale e ai flussi di movimento sia delle persone che si muovo da sole, sia di quelle in carrozzina ( e relativi accompagnatori)
  • prevedere un ascensore in più ( o più grande) per velocizzare gli spostamenti degli ospiti della struttura ( e dei loro parenti, degli operatori, dei medici)
  • scegliere ( o realizzare)  arredi che siano pratici e che regalino agli ambienti una sensazione di calore e relax  

Conosco bene le enormi problematiche, sia pratiche che emotive che riguardano questo tipo di situazioni assistenziali. Magari parlare di scelta di colori o ascensori in più può sembrare un lusso superfluo, quando i grossi problemi sono la mancanza di posti disponibili, le condizioni di soggiorno o la mancanza di medici.

Io credo però che dovremmo cercare di sviluppare sempre di più l’ottica di considerare la corretta progettazione normativa come punto di partenza iniziale ed irrinunciabile, per poi intervenire con una comprensione e valorizzazione dell’ambiente e di chi lo usa.

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